Esplorando il tempo della creazione

© Diana del Franco, still from video for “detune angel” by nocturnerror, 2023. Courtesy l’artista

Il processo rivelatore. Questo è il viaggio che più mi affascina, e la curiosità rispetto a certi simulacri è essa stessa un percorso.
Se è vero che l’arte è un’intuizione pura a priori, come diceva Benedetto Croce, credo che questa intuizione arrivi a intervalli, come flussi, che ognuno di noi rielabora in maniera differente. Quello che per me è fondamentale durante il processo è avere il tempo (perché lo abbiamo inventato visto che ci manca sempre?) per poter proiettare un pensiero che in forma visiva si è presentato alla mente, poiché come teorizzava già anticamente Aristotele il pensiero umano si forma per immagini, e successivamente osservarlo da un punto lontano.
Durante questa ricerca maieutica non possono esserci per me limiti di alcun tipo, né tecnici né stilistici, per cui ritengo che l’utilizzo di supporti differenti sia fondamentale per il raggiungimento di una soggettività oggettiva. Alcune immagini possono trovare la loro dimensione in un contesto digitale, altre richiedono di essere scattate invece in analogico, a volte su supporti di grande formato. Spesso nell’osservazione di una fotografia scattata trovo un altro pensiero che è nascosto, in un’espressione o in un dettaglio posizionati ai margini dell’immagine e che pure in realtà ne costituiscono il punctum. In questi casi procedo con degli ingrandimenti, che possono avvenire tramite scansioni. Ogni supporto utilizzato chiaramente custodisce in sé un pensiero e un limite, così come la luce che si sceglie e che determina la poeticità di un’immagine, il suo linguaggio.

© Diana del Franco, angeli sonnambuli, Napoli, 2023. Courtesy l’artista

angeli sonnambuli (2023) è nata da un’intuizione al limite della fantascienza. Volevo da tempo visitare il MUSA, il Museo Anatomico delle Scienze e delle Arti di Napoli, e nel periodo di marzo del 2023 finalmente ci sono riuscita. Non sapevo che avrei fotografato in particolare quel soggetto. Mi sono recata lì perché mi sembrava un posto dove avrei trovato delle realtà bizzarre e in particolare ero affascinata dalle mutazioni genetiche che sono custodite nella sezione dei preparati in liquidi di conservazione. Di solito quando vado in un luogo dove penso di scattare delle fotografie porto sempre con me delle luci. In quel caso avevo pensato di utilizzarle per immergere le figure in una realtà differente da quella in cui si trovavano, dando loro una nuova dimensione che percepivo come onirica. Gli occhi chiusi, così come in altri corpi in formalina, mi sembravano suggerire solo un lungo sonno e non un’assenza totale. Ho pensato all’analogia tra una macchina che non viene utilizzata da molto tempo, e quindi a riposo, e il corpo umano. In particolare mi aveva colpito la testa di una donna con una sezione encefalica aperta conservata in formalina. Una memory card piuttosto che un hard disk ritrovati dopo anni custodiranno dei file digitali che saranno differenti rispetto a quelli che erano in origine perché vi è una componente di deterioramento dei file digitali. Quindi la simmetria con il cervello umano, a cui non sappiamo ancora come accedere al livello di lettura dell’archiviazione della memoria. Mi sono chiesta se tra duecento anni, per esempio, riusciremo a leggere i pensieri di qualcuno così come leggiamo i dati e le immagini che viaggiano nello spazio. Ho scelto il laser per dialogare con quella figura probabilmente perché l’ho sempre visto adoperato, grazie alle sue proprietà, per indicare con estrema precisione dei punti molto distanti, come per esempio le stelle. Anche la trasmissione dei dati nelle telecomunicazioni e la lettura nei player di dvd/cd viene effettuata adoperando le fibre ottiche. Quindi volevo dare l’impressione che si stesse svolgendo in quel momento la lettura, in un laboratorio, della memoria di questa persona dopo diversi secoli.

© Diana del Franco, quando i giganti dormono sognano l’infinito, Napoli, 2021- ognoing. Courtesy l’artista

Quotidianamente in effetti si conducono studi sulla raccolta di dati e di cookies ai quali diamo il consenso e che influenzano in qualche misura i nostri comportamenti. È una luce esplorativa probabilmente anche aggressiva, dove il soggetto indagato è costretto a chiudere gli occhi o a proteggerli dal momento che la potenza del laser può apportare danni alla vista e ai sensori delle macchine fotografiche.
Un altro percorso nello spazio e nel linguaggio l’ho condotto durante una ricerca in forma di video che ho realizzato nel 2020 su invito di Laura Davì, straordinaria photoeditor e amica, per la partecipazione all’esposizione collettiva di Nello Spazio Fa Freddo, presso Chippendale Studio. Journey of an audio note racconta in maniera fantastica un altro rapporto con l’assenza e il viaggio di un pensiero che tramite nota audio viene inviato per raggiungere una persona lontana fisicamente.

© Diana del Franco, Journey of an audio note, 2020. Courtesy l’artista

Il rapporto con l’altro è qualcosa di cruciale per me: l’assenza di una persona, la vicinanza emotiva, la narrazione oggettiva. Quando ritraggo qualcuno mi pongo sempre il problema di come si può sentire la persona con la quale instauro il dialogo, se è a suo agio e se riesco a raccontare anche la sensazione che io provo in quel momento. Come nel progetto che sto portando avanti da qualche anno a Napoli – quando i giganti dormono sognano l’infinito – iniziato nel 2020 quando ho fatto ritorno nella mia città natale dopo anni e sentivo la necessità di dare spazio a una narrazione che non fosse quella turistica, da safari, ancora troppo diffusa  ma che si concedesse, appunto, il tempo di ascoltare l’emotività propria e altrui.

© Diana del Franco, quando i giganti dormono sognano l’infinito, 2021 – ongoing. eraclio, mondragone, 2023. Courtesy l’artista
© Diana del Franco, quando i giganti dormono sognano l’infinito, 2021 – ongoing. giulia, portici, 2023. Courtesy l’artista
© Diana del Franco, quando i giganti dormono sognano l’infinito, 2021 – ognoing. Courtesy l’artista

Penso che una delle più affascinanti caratteristiche della fotografia sia l’entelechia, ossia la proprietà di un organismo o un ente di avere in sé iscritto già il suo destino, la causa finale, che noi non riusciamo a vedere ma che è contenuta già nello scatto e nel tempo si manifesta. Come fotografa sento una certa responsabilità rispetto alle immagini che produco, e quello che mi ripeto sempre mentre scatto un’immagine e soprattutto mentre scelgo una foto piuttosto che un’altra nella fase di editing, è questa frase di Guy Debord: «là dove il mondo reale si tramuta in semplici immagini, le semplici immagini diventano degli esseri reali» (La società dello spettacolo, 1967).

© Diana del Franco, Untitled, 2021. Courtesy l’artista