Cartografie del fantastico

Jules Verne, L’isola misteriosa, Allagalla Editore, Torino 2017. Immagine di Franco Caprioli
PREMESSA

Questo contributo trae ispirazione da Le regole dell’immaginazione1di Giovanni Piana, filosofo che ha dedicato una parte importante della propria indagine filosofica al tema dell’immaginazione. Il testo, del 1980, riedito in formato digitale nel 2004, nasce da alcune lezioni del corso sul tema «L’immaginazione», tenuto da Piana nell’anno accademico 1979–1980, presso l’Università degli Studi di Milano, per la cattedra di Filosofia Teoretica I.
In questo lavoro Piana affronta il tema delle modalità operative e sulle varie ‘tipologie’ di processi immaginativi, interrogandosi sulla possibilità di individuare delle ‘regolarità’ che governano il funzionamento dell’immaginazione, pur tenendo in considerazione, come condizione di base, la libertà e la dimensione creativa di questa funzione della conoscenza.
Piana mette subito in guardia il lettore dal confondere le ‘regole dell’immaginazione’ con eventuali prescrizioni normative: l’immaginazione è per sua natura libera e non tollera imposizioni. Nonostante ciò, è possibile individuare dei metodi ricorrenti che guidano la costruzione dei prodotti dell’immaginazione. Lo scopo è quello di comprendere tali prodotti nella loro struttura, senza pretendere di predeterminarli. Piana porta esempi tratti dalla letteratura e dalle arti visive, per mostrare concretamente diverse ‘regole’ all’opera: dalla semplice alterazione della realtà, alla concretizzazione di immagini in racconti, fino all’intreccio tra procedimenti retorici e immaginativi. L’idea di Piana, tuttavia, non consiste nel definire un catalogo di regole, quanto piuttosto di aprire uno ‘sguardo tipologico’ che consenta di interrogare i prodotti dell’immaginazione nei loro modi di funzionamento. Il saggio offre interessanti spunti di riflessione sul rapporto tra immaginazione e regole, mettendo in luce la ricchezza e la complessità dell’attività immaginativa, senza ricondurla a schemi precostituiti. Nondimeno, ritengo che lo scritto, così come la produzione di Piana nel suo complesso, racchiuda un valore metodologico inestimabile, la cui profondità è stata sondata solo in parte e potrebbe offrire strumenti estremamente fecondi per l’approfondimento dei ‘modi del conoscere’ dal punto di vista filosofico.
Quanto segue propone una possibile declinazione di questo percorso metodologico, evitando di assumere un impegno specialistico. Prendo quindi spunto da un’occasione personale per fornire qualche ‘frammento’ a vantaggio dell’intero, che costantemente desidero, ma, per quanto mi riguarda, mai raggiungo.

Jules Verne, L’isola misteriosa, Allagalla Editore Torino, 2017. Immagine di copertina di Franco Caprioli
IMMAGINAZIONE

Fin da bambino, ero affascinato dai romanzi di Jules Verne. Il mio preferito era L’Isola Misteriosa. Il primo incontro con questo straordinario mondo d’avventura e mistero avvenne attraverso le immagini di un adattamento a fumetti di Nizzi e Caprioli. Il testo si rivolgeva ai giovani con una narrazione semplice, fresca, adatta all’età. Tuttavia, ciò che mi avvinceva davvero erano le immagini di Franco Caprioli. Le trovavo magiche. La mia mente mollava gli ormeggi per un viaggio senza confini, attraverso l’immenso oceano in cui erano trascinati i protagonisti della storia, fino a essere gettati su quello sconosciuto lembo di terra emersa, collocata lì, quasi apposta, per salvare i naufraghi dalla furia del Pacifico.
Con il tempo ho cercato l’edizione originale e ho scoperto molte altre illustrazioni che accompagnavano il testo di Verne. Mi sono accorto che alcune, con ogni probabilità, erano state d’ispirazione per il fumettista. Navigando attraverso le pagine di Verne, le immagini di Caprioli si sovrapponevano ai paesaggi descritti dal romanziere, ma anche ad altre illustrazioni che avevo visto successivamente, come quelle di Jules Férat.
Ammirando nel silenzio quelle splendide raffigurazioni, hanno iniziato a frullarmi in testa mille domande sul ruolo dell’immaginazione, ma anche sul potere che hanno le immagini nell’influenzare l’esperienza di lettura o viceversa, come ciò che nasce dalla lettura si confronta con le immagini successive, per esempio nelle rese grafiche di un illustratore o di un fumettista.
Faccio subito una scelta di campo, decidendo di non limitare l’attenzione alle immagini di Férat o a quelle di Caprioli. Né farò un confronto tra le diverse interpretazioni visive de L’Isola Misteriosa – questa via richiederebbe una competenza che non possiedo –. Vorrei limitarmi a cercare di raccogliere e restituire qualche spunto sul ruolo delle immagini di questi due artisti nell’esperienza di lettura e sul ‘modo di funzionare’ dell’immaginazione in rapporto al contesto narrativo del romanzo.

Illustrazione di Jules Férat

È quasi naturale prendere le mosse da ciò che vediamo appena apriamo il libro. Ci troviamo davanti una cartina, che mostra l’isola nelle sue parti.
L’immagine consente di orientarsi velocemente nella narrazione. Osservandola con attenzione si può notare che è proprio come tutte le altre mappe. Ed è proprio questo che la rende interessante. È disegnata in uno stile che ricorda le carte del XIX secolo. Ci sono le coordinate geografiche. L’isola è circondata dall’oceano Pacifico. Sono evidenziati molti dettagli geografici come il Monte Franklin, il Promontorio del Rettile, la Baia dell’Unione, l’Isolotto della salvezza. Ci sono piccoli corsi d’acqua e un lago. In basso a destra, si trova una scala delle distanze, espressa in miglia, che fornisce un’indicazione precisa sulle dimensioni dell’isola. Sono visibili anche le linee batimetriche, che si avvicinano progressivamente all’isola seguendo un pattern che suggerisce un graduale aumento della profondità del mare.
È chiaro che l’isola descritta non esiste. Stiamo leggendo una storia inventata e sembra una sciocchezza andare su Google Earth per vedere dove si trovi ‘realmente’. Eppure, usando questa mappa per un esercizio di team working e benché sia chiaro fin dall’inizio che si tratta di ‘un’isola che non c’è’, mi è capitato che molti partecipanti si collegassero al web per verificarne l’esistenza. Possiamo pensare che queste persone fossero disattente e abbiano letto in modo superficiale il mandato dell’esercizio. Ma la maggior parte di loro, quando chiedo il motivo del comportamento, mi rispondono che le indicazioni dell’esercizio erano chiare, però la mappa sembrava talmente verosimile da far dubitare che l’isola fosse ‘irreale’.
La funzione della cartina non è circoscritta all’ausilio visivo che permette al lettore di destreggiarsi nella trama, ma svolge anche un altro compito. È essa stessa una narrazione. Stimola domande e curiosità su ciò che può accadere in ognuna delle località nominate e su come queste si integrano in una vicenda di cui non sappiamo ancora nulla, ma che si propone alla nostra attenzione come uno scrigno di immagini di un mondo sconosciuto e affascinante, che desideriamo visitare. La precisione della figura, assieme ai nomi suggestivi, evoca avventure specifiche che i personaggi potrebbero vivere in quegli ambienti. L’Isolotto della Salvezza o il Promontorio del Rettile hanno già una valenza simbolica e ciò partecipa al racconto come un ‘sottotesto’ permanente. La mappa è più di un semplice riferimento geografico. Fa leva sulla familiarità delle convenzioni cartografiche per poi spingere il lettore al di là del conosciuto, in un territorio il cui statuto d’essere è precipuo. Su di esso, in un certo modo, non ha senso domandarsi se l’isola possa essere raggiunta in nave.

SPAZIO

Un altro aspetto che cattura l’attenzione è lo spazio così come è rappresentato dai due artisti. Il primo elemento che definisce lo spazio è il Monte Franklin. Il vulcano è, prima di tutto, la manifestazione del pericolo e della potenza della natura, ma è anche l’espressione della trasformazione, del dinamismo, del destino che incombe sull’essere umano. Nel romanzo, l’immagine impone subito un’atmosfera di tensione, una minaccia latente. La montagna può eruttare in qualsiasi momento, influenzando il corso degli eventi e le azioni dei personaggi.
Caprioli mostra un cono imponente e ripido, con il picco che si staglia verso il cielo. Una serie di minuscole figure umane, tratteggiate come formiche in lontananza, sottolinea la dimensione quasi impercettibile del gruppo di esploratori che si avvicina all’enorme montagna. Il monte è delineato con forti contrasti di chiaroscuro che ne esaltano la ruvidità e l’asprezza. Nuvole, ma che potrebbe essere anche fumo lambiscono i fianchi del pendio, facendo sospettare che il vulcano sia attivo. In alto, nel cielo, si notano due uccelli, che contribuiscono a trasmettere un senso di proporzione e libertà. Sulla sinistra, la vegetazione è raffigurata con un livello di dettaglio che accentua il contrasto con la nuda roccia, suggerendo una certa biodiversità dell’ecosistema.

Jules Verne, L’isola misteriosa, Allagalla Editore, Torino 2017. Illustrazione di Franco Caprioli
Illustrazione di Jules Férat
Illustrazione di Jules Férat
Illustrazione di Jules Férat

Le immagini di Férat evocano un sentimento cupo e un’atmosfera quasi da inferno dantesco. La scena, tratta dalla copertina, è drammatica. Un’isola rocciosa e aspra, caratterizzata da rilievi taglienti e un picco centrale da cui si leva una colonna di fumo, che evoca l’attività vulcanica. Le onde del mare in tempesta circondano l’isola. La scena è dominata da un cielo nuvoloso e tempestoso che contribuisce creare un clima di mistero e isolamento. In primo piano, sulla destra, si vede un cane. È fradicio. Lo s’immagina appena scampato alla tempesta.
Quanto mi piace quel cane che coinvolge immediatamente nel racconto e mi fa immedesimare nell’esperienza, un soggetto che non ha una pura funzione linguistica, ma piuttosto indica una relazione tra contenuti che spinge a immaginare e comprendere la storia dentro l’immagine.
Cyrus Smith e Herbert visitano il cratere. Vediamo due figure in primo piano, piccole rispetto alla maestosità dell’ambiente circostante. Si percepisce l’imponenza del luogo.
Le pareti del vulcano sono ripidissime e aspre, con rocce sporgenti. La texture fa immaginare un terreno irregolare, accidentato, sdrucciolevole. La prospettiva ci spinge a guardare dal basso verso l’alto, quasi come se si stesse osservando dalla base del cratere verso il cielo, che si intravede come una stretta striscia in lontananza. Il cielo è coperto di puntini che fanno pensare a una pioggia sottile di cenere vulcanica in lenta caduta. Ogni elemento trasmette un senso di isolamento e la grandiosità della natura inesplorata e desolata.
Fa da contrappunto al vulcano la grotta del Palazzo di Granito, che, al contrario, trasmette una sensazione di tranquillità e protezione. Nella raffigurazione di Férat si vedono i protagonisti esplorare un’enorme grotta sotterranea che somiglia a una cattedrale. A destra, un personaggio è illuminato da una fonte di luce. La parete di granito ha una fenditura che lascia entrare un raggio di sole. I coloni guardavano in silenzio, rapiti dall’ammirazione. Dove avevano creduto di trovare una buia caverna, avevano scoperto uno stupendo palazzo fiabesco.

« –Ah! Amici, – esclamò Cyrus Smith – quando avremo abbondantemente rischiarato l’interno di questa massa granitica, quando avremo allestito le nostre camere, i depositi, le dispense nella parte sinistra, ci rimarrà ancora questa splendida caverna, della quale faremo la nostra sala di studio e il nostro museo!

– E come lo chiameremo? – domandò Herbert.
– Palazzo di Granito2 – rispose Cyrus Smith; e i suoi compagni salutarono quel nome con nuovi evviva»3.

In un’altra raffigurazione, il gruppo, dopo aver reso abitabile la caverna, si scalda davanti a un caldo caminetto. Sembra un’immagine classica, che ricalca l’iconografia della famiglia immersa nella pace, attorno al focolare domestico.

Illustrazione di Jules Férat

 

Illustrazione di Jules Férat
Illustrazione di Jules Férat

Anche nelle raffigurazioni che Caprioli ci propone per la Grotta Dakkar in cui, solo alla fine, si svelano i misteri dell’isola, ritroviamo il clima della grotta che ispira sentimenti di maestosità e sacralità, mettendo in connessione lo spazio con la dimensione spirituale. L’illuminazione dei personaggi suggerisce l’idea di un’illuminazione interiore.
Qui sono ancora presenti luce, raccoglimento, dimensione intima di tranquillità e protezione, che si contrappongono alla forza brutale della natura, mostrando come l’immaginazione richiamata dalle figure sia in grado di sviluppare spazi con caratteristiche emotive e simboliche contrapposte, talora compresenti.

Jules Verne, L’isola misteriosa, Allagalla Editore, Torino 2017. Immagine di Franco Caprioli
Jules Verne, L’isola misteriosa , Allagalla Editore, Torino 2017. Immagine di Franco Caprioli
Jules Verne, L’isola misteriosa , Allagalla Editore, Torino 2017. Immagine di Franco Caprioli

Nella scena dell’incontro con il Capitano Nemo sembra quasi di essere immersi in un silenzio sacrale. È il momento in cui viene dato l’ultimo saluto al ‘misterioso benefattore’, riprodotto come una figura ieratica, un meditante adagiato sui cuscini della propria stanza, all’interno del Nautilus. Nella tavola di Férat si vede persino la mostra dell’organo a canne, citata in Ventimila leghe sotto i mari e raffigurata da Alphonse De Neuville.

Illustrazione di Jules Férat
Illustrazione di Jules Férat
Illustrazione di Alphonse Marie Adolphe De Neuville
ARCHETIPI

Sfogliando il romanzo, così come la versione a fumetti, incontriamo altri casi esemplari della nostra esplorazione immaginativa.
In una tavola di Férat vediamo una scimmia – un po’ strana, a dire il vero –, che indossa un grembiule. È Jup, un macaco che i coloni hanno catturato e addestrato. Dal testo si capisce che Jup è un animale molto intelligente. L’artista si sarebbe potuto limitare a rappresentarlo con un vestito, mentre serve a tavola. Questo ci avrebbe fatto pensare alla sua intelligenza. Ma Fèrat va oltre e raffigura Jup mentre tiene in mano una padella e si specchia in essa. L’immagine allude alla straordinaria capacità cognitiva di questo animale, in grado di riconoscere sé stesso, usando una padella come specchio.

Illustrazione di Jules Férat

Altro protagonista indiscusso dei romanzi di Verne e delle tavole di Caprioli è il mare, reso in modo, non a caso, straordinario. Nella sua figurazione avviene un incontro magico tra romanziere e disegnatore, un incontro tra due esseri umani innamorati del mare. Verne, in Ventimila leghe sotto i mari, scrive: «-Voi amate il mare, capitano? -Sì! L’amo! Il mare è tutto. Copre i sette decimi del globo terrestre. Il suo respiro è puro e sano. È l’immenso deserto dove l’uomo non è mai solo, poiché sente fremere la vita accanto a sé. Il mare non è altro che il veicolo di un’esistenza soprannaturale e prodigiosa; non è che movimento e amore, è l’infinito vivente». Cuccolini nel suo saggio introduttivo all’Isola Misteriosa, definisce Caprioli ‘cantore del mare’4 e nel sito de L’Associazione Nazionale Amici del Fumetto e dell’Illustrazione (ANAFI) si può leggere un interessante articolo che affronta il ruolo del mare nella poetica di Caprioli:

«Che cosa attirasse Caprioli verso il mare in modo così totale, non è dato saperlo; un collega fumettista come Carlo Peroni ebbe a dire che il suo viso si illuminava quando, parlando, il discorso finiva sul mare: descriveva le ore che amava trascorrere ad osservare il mare, si capiva che lo amava proprio molto. Era forse un’ossessione, vista quanta parte della sua produzione artistica se ne occupa, ma una ossessione solare, gioiosa, anche divertita, mai cupa od oscura, anche nei racconti più tragici. Liscio come l’olio, o infuriato in tempesta, con colori dal verde chiaro al viola, il mare di Caprioli era davvero un protagonista della storia narrata, non certo un ambiente come un altro o un fondale su cui dipingere… le imbarcazioni che lo solcano, possono essere dei grandi vascelli o umili barche di pescatori, corazzate nordiste o misere zattere di naufraghi alla deriva, ma il mare di Caprioli li accoglie o li sbatacchia con lo stesso democratico moto ondoso»5.

Jules Verne, L’isola misteriosa , Allagalla Editore, Torino 2017. Immagine di Franco Caprioli
Jules Verne, L’isola misteriosa, Allagalla Editore, Torino 2017. Immagine di Franco Caprioli
Jules Verne, L’isola misteriosa, Allagalla Editore, Torino 2017. Immagine di Franco Caprioli

Non occorre grande sforzo per leggere nel mare una metafora della libertà, delle immensità dell’animo umano e della vita stessa, con i suoi flussi e riflussi. Il mare è un elemento narrativo molto vigoroso, capace di simboleggiare emozioni inesplorate, la natura indomita, l’avventura e il viaggio, sia fisico che interiore.

Illustrazione di Jules Férat

Sul mare del romanzo e delle sue rappresentazioni visuali navigano imbarcazioni di ogni tipo. Calcando i loro ponti, ho percorso i sette mari. Dal Bonaventura, il piccolo sloop dei coloni, ai grandi vascelli, la vela riesce a sintetizzare il concetto di viaggio, di esplorazione e il movimento propulsivo dell’immaginazione umana. Le vele gonfiate dal vento delle ispirazioni, delle idee, dei sogni, dei desideri e della motivazione spingono la nostra imbarcazione nella rappresentazione dell’esistenza. Senza di esse e privi dell’energia del vento, saremmo fermi nella bonaccia dei fatti.

Giulio Verne, L’isola misteriosa, Edizioni Paoline, Milano-Roma 1977. Immagine di copertina di Franco Caprioli

NOTE

1 Il testo è disponibile all’interno dell’Archivio Giovanni Piana
2 Granite-House nella traduzione di Lorenza Ester Aghito, che riporta la seguente nota: «Palazzo di granito. La parola house si applica ugualmente ai palazzi e alle case. Così Buckingham-house o Mansion-house, a Londra».
3 Jules Verne, L’isola Misteriosa, traduzione integrale dal francese di Lorenza Ester Aghito, revisione a cura di Antonio Agriesti e Piero Nicola, Mursia editore, 1966-1982, p. 191.
4 In Jules Verne, L’isola Misteriosa, adattamento a fumetti di Nizzi e Caprioli, Allagalla Editore, Torino 2017. Giulio C. Cuccolini, Caprioli, cantore del mare… e non solo, p.11.
5 Il disegnatore del mare, in Amici del fumetto