Ti risvegli da un incubo con un certo sollievo. Ma questo non lo cancella. L’incubo è sempre lì.
Anche dopo che l’hai dimenticato. La sensazione che ci sia qualcosa che non hai capito
continuerà a perseguitarti a lungo. […] Il tuo subconscio continuerà a cercare di svegliarti. […]
Se temevo i fantasmi non era per la loro essenza o per il loro aspetto ma per quello che avevano in mente. […] In realtà l’unica cosa che capivo di loro era che cercavano di dare un volto
e un nome a quello che non ne aveva. […]
Cormac McCarthy, Stella Maris, Einaudi 2023
Mi chiamo Simona e sono un’artista multi-disciplinare, lavoro con la fotografia, con il disegno e la pittura, utilizzo il cucito e realizzo libri d’artista. Gli sketchbook che creo sono una parte importante per lo sviluppo dell’intero progetto e accompagno ogni lavoro con uno specifico libro d’artista che realizzo in diversi modi con differenti materiali. Inoltre la scenografia e l’installazione sono parti fondamentali per le esposizioni finali dei miei lavori.
Le storie che racconto sono momenti che ricordo di aver vissuto e ricostruzioni di giochi che facevo da bambina. Sono memorie d’infanzia sospese nello spazio liminale della mente.
Questo passaggio si concreta attraverso il processo artistico-concettuale e la mia ricerca verte sulla rievocazione del ricordo e la linea tesa dell’oblio.
Una lacerazione che il processo artistico rammenda delineandone un possibile equilibrio.
I miei lavori scavano nel rapporto che esiste tra infanzia-passato e età adulta-presente: la narrazione per elementi plasma un futuro che trova un senso nell’equilibrio mentale.
Ogni immagine richiama quella successiva, ogni lavoro quello dopo.
Creo uno spazio di intersezione in cui la riflessione, scaturita da ricerche in ambito psicologico, astrologico e esoterico, è costituita da relazioni in cui la stratificazione pone in rapporto diversi elementi: infanzia/gioco – adulto/ricordo – magia/realtà.
Metto in scena delle situazioni reali che interpreto attraverso un processo artistico per dare un senso alla vita vissuta. Quando sei bambino il quotidiano è magico, ma da adulti? Come creiamo l’equilibrio psicologico tra quel vissuto e l’adulto che lo ricorda?
Il mio sogno da bambina era quello di diventare un’archeologa, ma crescendo ho trasformato e trasportato questo desiderio di ricerca, di scavare, di trovare, dall’ambito archeologico all’ambito artistico. La mia storia famigliare diventa scoperta archeologica e i miei sogni sono il punto di riferimento e di partenza per i miei progetti.
L’atto del sognare diventa scoperta archeologica simbolica di un mondo interiore fatto di un universo psicologico e inconscio in cui gli elementi della mia crescita si combinano con elementi magici della mia psiche. Dal punto di vista psicologico sognare simboleggia una forte connessione con la propria parte bambina, con quella parte che da adulti ci connette ancora alla nostra infanzia: ci concediamo ancora di entrare nella dimensione della favola e del gioco attraverso un simbolismo totemico che rappresenta il nostro sé. Creiamo così un’alchimia inconscia con la nostra anima, una sorta di “primitivizzazione” del nostro ego di adulti.
Scoprire se stessi attraverso la propria infanzia, i propri sogni, i giochi e la magia rappresenta il desiderio di uscire da una vita ristretta e da schemi sociali, per ritrovarsi in un’autentica liberazione interiore.
Il progetto Mal di sogni consiste in un piccolo cuscino che mi è stato regalato da una zingara che diventa simbolo di connessione tra la vita reale e la vita onirica.
Cucendo una sottile catenella rendo il cuscino portatile trasformandolo in un accessorio da viaggio, una piccola casa mobile, che rende ogni spazio famigliare.
Quando prescindo dalla mia collocazione mi accorgo di come sono straniera anche nei miei sogni e che nel profondo sono migrante, che lo straniero si trova dentro la mia psiche.
L’immagine psicologica di essere nomade trova conforto nello spazio creato dal cuscino che diventa canale surreale di passaggio.
Per il lavoro Mantello dolce casa ho utilizzato come base di tessuto una coperta nera che usavamo mia mamma, io e mia sorella da bambine per dormire i pomeriggi tutte insieme sul divano e mentre noi ci stavamo addormentando mio papà leggeva ad alta voce una favola.
Quando ci alzavamo dopo il pisolino mia mamma preparava la merenda e mio papà giocava con noi utilizzando un libro che ancora oggi conservo che si intitola: Quando fuori piove.
È un libro che porto sempre con me e che propone attività ludiche e educative per l’età dell’infanzia. Questo libro è diventato la fonte di riflessione e ispirazione per i miei lavori e anche in questo caso ho connesso riflessioni personali e spunti che mi arrivano da questo testo.
Per realizzare quest’opera ho quindi utilizzato la coperta nera che mia mamma ha conservato e ho unito l’idea delle piume fatte di carta che mio papà realizzava come decorazioni per vestiti, copricapi e ventagli. Nel folklore e nelle culture di tutti i popoli le piume sono state impiegate nella magia e hanno inoltre un forte legame con il cielo e lo zodiaco, collegano lo spazio con il cosmo.
Ho realizzato le ali di carta nella parte esterna della coperta che si è così trasformata in un mantello rievocando i giochi d’infanzia. Nella parte interna ho ricamato un cielo di stelle color argento con fili di cotone e una casetta/costellazione inventata da me per richiamare il concetto di interno come spazio famigliare che si proietta in un cielo di possibilità astrologiche e un esterno con le ali di carta come spazio famigliare che dà gli strumenti per poter volare e entrare a far parte della società-comunità.
Oltre a lavorare come singolo artista dal 2014 sono co-fondatrice del duo artistico Saggion-Paganello con Paolo Paganello. Per noi la collaborazione è un agente fondamentale nello sviluppo delle nostre pratiche artistiche che spaziano dalla fotografia, al video, all’installazione.
Come duo artistico per noi è importante riuscire a intrecciare i nostri personali interessi per dare vita in un’unica forma a un unico lavoro. Un lavoro che si muove dal microcosmo personale per raccontare un macrocosmo interpersonale. Attuiamo questo processo attraverso la creazione e realizzazione di environments fotografici, scenografici e installativi, che diventano veri e propri set cinematografici.
Nel nostro progetto Nuvole barocche. Le dita sotto i piedi, un enorme telo stampato con la fotografia di un cielo con le nuvole diventa un rifugio dal mondo in una visione utopica e antica del tempio che chiamiamo casa. Quando l’esterno non lascia spazio alla speranza del bello non resta che rannicchiarsi nel sogno dell’infanzia, della fittizia ricostruzione di un cielo perduto lacerato da memorie sonore: «Mi ricordo un cielo così bello, ma non mi ricordo dove l’ho visto!»
Nel progetto fotografico La frode, l’inganno, lo spettacolo il passaggio tra mondo visibile e invisibile, tra scienza e magia, tra realtà e inganno è meccanico. Il poter essere alchimisti una frazione di secondo costruendo una situazione di equilibrio impossibile tra due elementi che insieme non coesistono, ci rende capaci di guardare oltre le possibilità che la realtà offre, trovando nell’elemento che abbiamo davanti un gioco di costruzione fotografica e scenografica.
Citando Novalis anche per noi «Tutto è magia, o niente. Vera comunicazione ha luogo soltanto fra persone di uguali sentimenti, di uguale pensiero».
In conclusione vorrei ritornare brevemente a un progetto che ho realizzato nel 2015: Untitled.
Questo lavoro è composto da una serie di scatti fotografici realizzati in pellicola analogica e da uno libro d’artista. Il soggetto di questo breve racconto è il mio coniglio blu, un pupazzo che mi accompagna fin dalla mia infanzia. Anche in questo progetto scavo come un’archeologa-ricercatrice nella mitologia simbolica della mia famiglia e della mia vita e quando provo a stare in quest’equilibrio, cercando di ricostruire la mia identità, inciampare è facile.
L’ingresso nella vita adulta è dire ai propri giocattoli (i nostri alter ego) che non si avrà più tempo per giocare e vivere con loro come si poteva fare prima. Parlo di quanto siamo spinti da adulti a giustificare la nostra esistenza nel mondo ignorando chi siamo, di cosa abbiamo bisogno e cosa conta davvero. Le persone sacrificano la propria giocosità, il proprio entusiasmo guidati da bisogni inconsci di validare la propria esistenza e questo bisogno nasce dai traumi della propria infanzia.
Giocare è importante e i sogni in questo senso rappresentano ancora il passaggio di ingresso nella nostra foresta incantata per arrivare alla caverna buia, dove il nero dentro rappresenta la memoria da recuperare della nostra infanzia. La foresta in cui passeggiamo ci porta a una caverna utero, a una notte nera fatta di sogni in cui il nostro doppio infantile, il nostro animale totemico, ci appare.
«E qualsiasi cosa facciano e dovunque vadano nella foresta incantata, il piccolo bambino ed il suo orsetto giocheranno per sempre insieme».
Dal libro delle storie di “Winnie the Pooh”