No smoking

© Marzio Tamer, No smoking, tempera on board, cm 45 x 70. Courtesy Salamon Fine Art, www.salamonfineart.com

La riproduzione iper-reale del soggetto ritratto nel lavoro di Marzio Tamer è lo spunto da cui parte Fulvio Carmagnola, filosofo autore di numerosi saggi sull’immagine e l’immaginario, per penetrare il concetto di percezione e osservazione dell’immagine. L’analisi degli innumerevoli particolari contenuti nel quadro conduce l’osservatore a interrogarsi sul rapporto tra guardare e immaginare.

 

Non sappiamo se il pittore abbia eseguito il quadro di cui vediamo l’immagine (Marzio Tamer, No smoking, 1998) lavorando en plein air, magari con un cavalletto, al bordo di quella distesa erbosa di fronte al mare e alla nave. O se abbia riprodotto una fotografia presa in un altro momento del tempo, o attingendo alla sua stessa memoria visiva – l’ho vista e ora la dipingo. O addirittura se si tratti di pura fantasia, se insomma si sia inventato tutto quello che ora vediamo: la brughiera con l’erba folta, i due uccelli, uno in volo sopra il mare l’altro visto da sopra, come schiacciato sull’erba. La distesa del mare immobile e scuro, e infine il cargo che sembra spuntare dalla sinistra dello spazio visivo e dirigersi verso la parte destra della scena – ma che forse invece è fermo alla fonda, perché non si vedono tracce di schiuma intorno alla prua. Forse dunque la pittura ha inventato ciò che vediamo, come la descrizione non rappresenta, ma inventa il proprio oggetto.

Ciò che vien da dire è che non siamo di fronte, se non in apparenza, all’immagine di qualcosa che è accaduto in un momento passato del tempo, come in una fotografia (“è stato qui, c’era”). Piuttosto siamo di fronte a una cosa che è un’immagine, a una cosa-immagine, più che a una ri-produzione in assenza. Questo pare. Insomma la figura nella sua estrema precisione iper-reale supera il reale di cui sarebbe rappresentazione. Come in un sogno o in un’allucinazione. L’immagine è autonoma, “un blocco di sensazioni che devono solo a se stesse la loro propria conservazione (…) esseri autonomi e autosufficienti” (Deleuze, Guattari, Che cos’è la filosofia?,1991, tr. it. p. 172).

Ripercorriamo con lo sguardo, ancora, alcuni aspetti di questa scena che nella sua estrema esattezza ha qualcosa di innaturale. Come un istante fermo, dilatato, uscito dagli assi del tempo. Un’immagine all’aoristo. Tutto è così preciso, i singoli fili d’erba della brughiera, l’uccello visto senza prospettiva, contro il dorso della collina, sulla sinistra. Sulla destra dell’inquadratura uno spazio scuro, forse una forra, interrompe la dolcezza del pendio. A metà dell’immagine la linea della terra si interrompe e comincia bruscamente lo spazio marino, si indovina una falesia, un dirupo. Non si riesce a situare un singolo punto di osservazione, perché lo sguardo è indotto o trascinato verso i particolari, costretto a brucare la superficie dall’estrema densità dei particolari. Eppure, inevitabilmente, in un secondo momento è spinto verso l’alto del quadro, verso lo spazio piatto, bidimensionale, che occupa la parte superiore del dipinto. Dopo aver brucato senza meta la metà inferiore dell’immagine, si concentra finalmente sull’oggetto principale che è il vero tema, come segnala appunto il titolo dell’opera: no smoking.

Si tratta della vistosa scritta rossa sulla superficie verticale dell’alto ponte di comando della nave, verso poppa, mentre per il resto della lunghezza verso prora si indovina il carico, dai tratti minuziosi di alcuni container che sporgono di poco dai bordi.

La nave appare a sua volta strana. Meglio, l’immagine è vagamente problematica. A prua, nella parte della fiancata che scende verso l’opera viva, il sole che illumina da destra ha lasciato una breve traccia luminosa sul nero lucido della chiglia, che ne lascia indovinare lo svaso, la concavità. Più in basso, la chiglia prima di immergersi lascia vedere una larga fascia di un bianco sporco, in parte segnato dalla ruggine, sulla quale una macchia scura, longitudinale, somiglia vagamente a un grosso pesce che sta saltando.

Ma c’è un’altra stranezza: la nave nera che vediamo di profilo presenta tuttavia le sovrastrutture del ponte, verso poppa, apertamente di faccia, e dunque la scritta no smoking si vede molto chiaramente benché rimpicciolita dalla distanza. Come se l’obiettivo che si suppone o si immagina abbia colto la scena fosse simile a un fish-eye in grado di dare alla figura una leggera distorsione. Come quella di un oggetto dipinto su una superficie cilindrica.